DAI MANGA AL VINO: TENUTE RUBINO VOLA IN GIAPPONE
Il fumetto è riconosciuto in Giappone come una forma d’arte in senso pienamente autoriale. In poche parole, non è soltanto una passione di nicchia, relegata a una specifica fetta di pubblico che (a ragione) desidera rivendicarne il rango. Al contrario, nel Sol Levante i manga sono dotati di tutta la dignità, per esempio, del romanzo, e rappresentano uno dei principali strumenti di catarsi collettiva, un mezzo d’elezione per decodificare e ricomporre lo schema della realtà. Non deve stupire, quindi, che sia stato proprio un fumetto, Kami no Shizuku (Gocce di Dio, nella traduzione italiana), a incaricarsi negli ultimi trentacinque anni di interpretare e raccontare un cambiamento importante nella cultura nipponica, cioè l’introduzione nei menù dei ristoranti e degli Izakaya, i tradizionali pub giapponesi, di un elemento che, seppur già noto e commercializzato, era ancora percepito come “estraneo”: il vino. Tra i prodotti d’eccellenza del Vecchio Continente, proprio il vino ha fatto da apripista a tutta una filosofia legata alla possibilità di mangiare e bere bene anche seguendo la via “occidentale”, una strada che, da quel momento, i giapponesi non hanno più abbandonato, diventando oggi uno dei principali mercati di riferimento per tutti i produttori mondiali, compresi quelli italiani.
Speciale, infatti, è il rapporto che unisce Tenute Rubino al Giappone, paese il cui senso del gusto è ormai profondamente influenzato non solo dal vino, ma dai sapori e dallo stile italiano a 360° considerati come dei veri e propri status symbol. Ed è proprio la combinazione tra quei vini capaci di esprimere tutta l’energia del proprio territorio come il Sumaré (Metodo Classico da uve Susumaniello), il Giancòla (Malvasia Bianca), l’Oltremè (Susumaniello), il Punta Aquila (Primitivo), il Saturnino (Rosato Negroamaro in purezza) con quei cibi che più ne illuminano sfumature e peculiarità che, proprio in questi giorni, Luigi Rubino è andato a far scoprire ai giapponesi. Con grande sorpresa, inoltre, abbiamo piacevolmente riscontrato come il Punta Aquila è stato esaltato in tutte le sue più particolari sfumature da piatti invernali tipici giapponesi come l’Oden (una ribollita di carne e verdure nella zuppa di miso).
Mentre il Giancòla, con tutta la sua eleganza e i suoi sentori mandorlati, si è sposato magnificamente con un Sashimi di Orata. Un viaggio, quindi, che ha avuto i contorni di una vera e propria missione, sia in senso commerciale che, forse ancor più significativo, culturale. Poiché il vino, nella nostra di tradizione, è fin dall’antichità elemento conviviale per eccellenza, quindi a sua volta terreno di confronto per esorcizzare, capire, accettare; in una parola: catartico. In alto i calici, allora, per un brindisi grande due mondi.