SUMARÉ, UNO SPUMANTE DAL SAPORE DI CILIEGIA
Ero molto più giovane, o forse sarebbe meglio dire molto più piccolo, la prima e, fino a oggi, ultima volta che misi piede a Santa Maria di Leuca. Un ragazzino al suo primo completo elegante (che in realtà non era proprio mio né un vero e proprio completo: la giacca l’avevo ereditata da mio zio), un ragazzino alla prima esperienza da adulto, uno di quei momenti per i quali, se ti capita di viverli a quell’età, cominci seriamente a chiederti come sarà, un giorno, per me?
Era il matrimonio di mio cugino.
Con la sua ragazza, si erano conosciuti l’estate prima, proprio qui nel Salento, la terra di lei, e un anno dopo erano tornati per sposarsi. Due cose, ricordo esattamente di quel matrimonio. Le stradine intorno al Santuario talmente costipate dalle auto degli invitati che le persone stesse, a fatica, riuscivano a camminare, e il preciso momento in cui miei cugini e le mie cugine, tutti più grandi, durante il ricevimento, si alzarono per andare a ballare, lasciandomi solo.
E poi ce ne sarebbe una terza, una terza che in realtà è collegata a una quarta ma sono così intrecciate e mescolate con quello spumante, uno spumante buono e strano che mi ricordava proprio quel sapore lì, la ciliegia, la stessa di cui profumava la tua pelle, e che è la ragione per cui sto raccontando tutto questo.
Quando tu venisti da me, tu e il tuo profumo di ciliegia, e mi chiedesti se volevo fare un brindisi, non potevi sapere che per me erano due prime volte in una. La prima che una ragazza, da sola, mi chiedesse di brindare e la prima che bevessi d’un fiato, fino all’ultima goccia, un bicchiere intero di spumante.
Neanche ti sedesti. Ti appoggiasti per un attimo al tavolo, con la mano libera, e dopo aver bevuto ti sistemasti i capelli, corti e neri, e mi chiedesti che ci facevo lì, tutto solo. Io alzai le spalle, eri più grande di me, cinque o sei o sette anni che però per me erano come una vita intera, un mondo intero, cosa potevo dirti?
E dove sei, oggi? Oggi che io sono qui di nuovo per un altro matrimonio, un altro cugino, ricordi anche tu come lo ricordo io quel bacio sulla guancia con cui mi salutasti? Cosa hai fatto in tutti questi anni, dove sei stata? Dov’eri mentre per me diventava banale – o ridicolo – brindare, bere, baciare?
Come il ragazzino di dieci o dodici anni fa, sono seduto di nuovo da solo a bere Sumaré, uno spumante rosa le cui bollicine trasportano ancora una volta al mio palato quel sapore di ciliegia, lo stesso sapore che allora, se l’avessi baciata, avrebbe avuto la tua pelle, e oggi come ieri mi chiedo, senza sapere se avrò mai una risposta: e come sarà, un giorno, per me?